Intervista con:
SERGIO DOMPÉ
Presidente e Ceo di Dompé farmaceutici
Chair Task Force Salute B20
Dottor Dompé in una situazione così difficile, all’interno della quale le persone sono spaventate, possiamo dare una buona notizia? Possiamo dire che le aziende farmaceutiche hanno compiuto un vero miracolo nel preparare e rendere disponibile il vaccino in un anno?
La buona notizia è certamente che, in meno di dieci mesi, è stato possibile sviluppare la ricerca, lo sviluppo del prodotto, la sperimentazione clinica, l’iter normativo e regolamentare, l’analisi della fattibilità industriale e la successiva produzione e distribuzione. Fino a pochissimi anni fa, queste operazioni avrebbero richiesto un tempo tecnico di almeno tre o quattro anni.
Riesce a farci capire come è stata possibile questa accelerazione?
Le aziende farmaceutiche e il mondo scientifico, insieme ai Governi, in particolare quelli che hanno avuto il coraggio di investire per primi – come la Casa Bianca – si sono assunti il rischio di investire diversi miliardi di dollari e di far produrre centinaia di milioni di dosi di vaccini, ancor prima di poterne valutare l’efficacia. Ciò rende evidente il gap che il continente europeo ha accumulato in questi ultimi 15-20 anni rimanendo staccato rispetto a USA e Cina.
Con l’obiettivo di vaccinare un decine di milioni di italiani, da qui all’estate, ha senso sperare di avere una produzione nazionale dei vaccini?
Siamo a metà aprile e la campagna di vaccinazione ha cominciato a registrare numeri importanti. Credo che la fase di svolta sarà avverrà a maggio, quando avremo a disposizione vaccini in ampia quantità. Tenendo conto che nessuna soluzione tecnico-produttiva può essere realizzata in un tempo così breve, è chiaro che la produzione a livello nazionale potrà essere utile in futuro ma non andrà a regime a breve, durante questa fase di emergenza nei prossimi 45 / 60 giorni. Nella seconda metà di aprile soffriremo ancora, ma già verso la fine di maggio avremo consegne superiori alle nostre capacità distributive. Nel mese di giugno le quantità non saranno più un problema. Diventeranno infatti disponibili 243 milioni di dosi già acquistate dall’Europa per nostro conto.
La sensazione è che da questa pandemia l’Europa non ne sia uscita molto bene almeno sul piano negoziale e logistico. Secondo Lei l’Europa è comunque in grado di poter dire la sua?
Strategicamente l’Europa dovrà aumentare la capacità produttiva. Ma per farlo bisognerebbe che fosse più unita nell’intento e maggiormente al servizio dei cittadini.
Senza entrare in dettagli troppo tecnici che non riusciremmo a capire, ci può dire qual è la particolarità della molecola Rna e le difficoltà connesse al vaccino che utilizza questa molecola?
Senza tema di smentita vorrei dire che vi è stata veramente della genialità. Grazie a un approccio che solo pochi anni fa era sperimentale, oggi una molecola fortemente instabile come la Rna, che nelle nostre cellule è responsabile della trasmissione dell’informazione genetica che permette di produrre le proteine, può venire somministrata come un vaccino in grado di indurre la produzione di anticorpi nel nostro organismo. Tuttavia, mantenerla integra e funzionale richiede una catena del freddo a -80 °C e altamente tecnologica. In futuro questo vincolo potrà essere superato, ma potrebbero servire tempi molto lunghi e grandi energie e investimenti in ricerca.
Oggi credo sia importante concentrarci sul ventaglio di vaccini in arrivo e, tra questi, vedere come sfruttare il know-how che stiamo accumulando per sviluppare vaccini di seconda generazione.
Stiamo comunque parlando di catene di produzione molto complesse: ricordo che la produzione di vaccini richiede oltre 100 componenti diversi che vengono prodotti in diverse parti del mondo.
Quando possiamo aspettarci l’arrivo di questa seconda generazione di vaccini?
I tempi di sviluppo sono importanti perché, oltre alla ricerca, ci sarà tutta la fase autorizzativa. Per darvi comunque un’idea dello sforzo che sta dietro a questi farmaci, basti pensare che sono già stati pubblicati 450.000 studi scientifici. Forse ancora più significativo è però il fatto che sono già stati autorizzati 5.000 studi clinici e attualmente ci sono più di 60 vaccini e un centinaio di farmaci in fase di sviluppo.